Dal diario del viaggio in Africa nel 2010
Nairobi è circondata da una cintura di baraccopoli (slums) che occupa circa l’80% del territorio della Città. Su una popolazione di circa quattro milioni di abitanti, ben più della metà abitano in strutture fatiscenti, baracche di lamiera e cartone in zone prive di luce elettrica e reti fognarie.
Il numero continua ad aumentare a causa del forzato esodo dalle campagne per l’emergenza Corno d’Africa. In questo contesto di degrado sociale e umano mancano le infrastrutture e i presidi sanitari. Negli slums la disoccupazione raggiunge tassi allarmanti e gli abitanti di questi quartieri vivono di espedienti per procurarsi il cibo, ma la maggioranza non riesce a rispondere ai bisogni primari soprattutto dei bambini. Mentre il nostro governo in Italia ci riempie di tasse, in Kenia non ha nemmeno la forza di assicurare un pugno di riso.
Nel disagio le malattie colpiscono la quasi totalità delle abitanti delle baracche, le ragazze e le giovani spesso si prostituiscono per sopravvivere, mentre i ragazzi vivono nelle discariche, sniffano droga e delinquono per procurarsi del cibo. Se mai ci si domandasse come è l’inferno, consiglio un giro a piedi nello slum di Korogocho. Strade non asfaltate e coperte di fango, fogne a cielo aperto con relativo liquame, baracche fatiscenti e bambini, tanti bambini che corrono sguazzando giocando ridendo a piedini nudi o con misere ciabattine. Qui la parola gumnos è proprio azzeccata!
Bambini ovunque, vestiti senza alcun criterio rispetto alle stagioni e al clima (tropicale, molto caldo e umido): alcuni hanno canottierine, altri hanno i pile, le bambine hanno vestiti di organza o magliette stracciate. Fumo dappertutto, tra donne che intrecciano capelli o friggono in mezzo alle mosche, uomini che vendono carbone o accudiscono capre. Un enorme trambusto che mi ha ricordato la prima parte del film “The millioner” Le case, case?, sono dei tuguri senza pavimento con tetti di lamiera sfondata, tutte appiccicate le une alle altre…
In mezzo a questo disastro, un enorme cancello separa l’inferno dal paradiso. E’ la missione delle Suore di Madre Teresa di Calcutta, un’oasi di paradiso, bellezza, accoglienza,pulizia, purezza di cuore e di amore…dove si realizzano le parole di Gesù: “lasciate che i bambini vengano a me”.
All’interno diversi padiglioni: le signore disabili, i bambini disabili e i bambini che le suore raccattano nella discarica o che trovano davanti al cancello abbandonati da mamme disperate.
Sono tantissimi, divisi per età ben nutriti e puliti…
Ieri pomeriggio alle 15.00 è successo qualcosa di bello, anzi bellissimo. Nell’inferno è sbocciato un fiore. Al cancello delle
suore un bambino sui 5 anni, aveva tra le mani un fagottino
che,appena aperta la porta, ha lascito per terra ed è scappato via. E’ una
bambina appena nata perché aveva ancora il cordone ombelicale fresco e il
dott. Fantoni (del nostro gruppo) che l’ha visitata ha diagnosticato esser nata
dameno di 24h…
Ancora una volta la vita ha trionfato sugli inferi. E noi siamo
onorati di poter collaborare con estrema umiltà all’interno di quest’oasi di
salvezza.
Se il nuovo anno inizia sotto questi auspici che, con occhi purificati dai
bambini, leggiamo come “divini”, guardiamo avanti con speranza a dispetto, di
ogni crisi reale o indotta, di ogni sconfitta personale o di gruppo, di ogni
dubbio e di ogni egoismo. E chi dovesse chiedersi: ma che è andato a fare laggiù con i problemi che ci sono quì? Beh, allora dovrebbe soltanto vergognarsi già solo di averselo chiesto.
#SIUSOLI

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