Natale è speranza che rinasce


Omelia di don Luigi Ciotti nella notte di Natale 2019

Non venga meno la festa del Natale. L’abbiamo vissuta tutti da bambini. Ma ricordiamoci che Lui non è stato accolto e riconosciuto. E soprattutto non dobbiamo dimenticarci che l’agire di Dio, l’agire di Dio è stato l’abbassarsi! L’abbassarsi è stato farsi debole. Porsi in mezzo alle nostre fragilità e alle nostre debolezze. 

Allora Dio vive quì. Dio vive quì. Dio vive in mezzo alla fatica…non possiamo dimenticare che l’accoglienza è la vita che accoglie la vita. E noi dobbiamo essere capaci di questo. Ecco il Natale. E noi dobbiamo accoglierci tra di noi, nelle nostre famiglie, nei nostri territori. Il nostro è stato un Dio inaspettato e sconcertante. Tutti aspettavano la maestosità di Dio. E lui ci ha fregati! Si è fatto bambino. Qui si accolgono bambini. Bambini con i loro papà. In questa casa dei gesuiti che ci hanno dato in comodato gratuito perché non riuscivano più a sostenerla. Una bella scelta. Dare la proprietà invece di tenerla chiusa. Facciamo qualcosa insieme. Il noi che vince. Dio si è fatto bambino. Nell’umiltà. A pochi km da qui anche le suore della Sapienza ci hanno fatto posto per fare qualcosa insieme. Accogliere. Ancora oggi la vita non è accolta. Non accogliere l’amore significa non accogliere la vita. Ancora una volta oggi la vita viene scartata perché per molte persone non c’è posto. E quindi Dio non viene accolto. Ci sono delle amiche che arrivano da paesi lontani. Vi devo dire per correttezza che l’ultimo dato ufficiale verificato con il ministero e gli organi internazionali, sono 258 milioni le persone che cercano un approdo, una casa. Ci sono povertà che crescono, situazioni di violenza, guerra, fame…sono 258 milioni. Noi oggi ci fermiamo a porre delle domande, consapevoli che i dubbi sono più sani delle certezze.

Vi do un bell’annuncio: a 5 km da qui parte una seconda accoglienza di mamme con bambini. Dio si è fatto bambino. È questa la grande rivoluzione del Natale. Dio si fa bambino nella grande umiltà…Dio non si è mascherato per venire in mezzo a noi, ma si è fatta persona. È nato da una donna e ha vissuto insieme a Giuseppe la vita umana, la stessa vicenda di quei disperati che oggi scappano dalla loro terra. Ha condiviso in tutto la nostra condizione. Allora c’è gioia, c’è festa ma c’è anche tristezza perché non possiamo dimenticare che l’amore non è ancora accolto. Non accogliere quell’amore significa non accogliere la vita. Ancora una volta la vita oggi viene scartata perché per molte persone non c’è ancora posto. Il valore di ogni istituzione si misura su come si tratta la dignità della persona. Oggi in Italia i più vulnerabili sono i poveri, i migranti e i giovani. Questi ultimi sono la nuova emergenza in Italia. Sia per la mancanza del lavoro, sia per la dispersione scolastica. Le università italiane perde il 40% degli studiosi perché le tasse universitarie sono molto elevate e gli investimenti in Italia molto bassi.

Natale è Speranza che rinasce. Ma per far crescere la speranza ha bisogno del nostro impegno. Ha bisogno di diventare Bene da cui nessuno è escluso.

Bisogna liberarsi dalle parole, dalle chiacchiere, dalla burocrazia, in questo tempo difficile. Dobbiamo trovare un modo nuovo per abitare le nostre realtà. Abbiamo aperto una scuola, Casacomune, Laudato si, Laudato qui. La tutela della natura e la giustizia sociale sono facce di una unica medaglia che si chiama vita. L’85% degli esseri viventi sono piante. E quindi ci stiamo suicidando. La terza guerra mondiale è in atto, ce lo ricorda il papa, con il disastro ecologico. Bisogna porre le fondamenta per creare un mondo nuovo. Saluto tutte le persone che vivono in questa struttura. Saluto quegli amici che ce l’hanno messa tutta per rinascere dentro. Preghiamo insieme. Ultimo pensiero è di Papa Francesco. Per una serie di circostanze lo vedo spesso. In questi giorni ha radunato tutta la sua curia dicendo: quello che stiamo vivendo non è un’epoca di cambiamento ma un cambiamento d’epoca. E ha aggiunto: capita spesso di cambiare un vestito e rimanere quelli di sempre. Appellarsi alla memoria non vuol dire ancorarsi all‘auto conservazione ma ad un lancio. Al lancio del di più.

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