CRONACA DI UN DISSESTO ANNUNCIATO!!!
a cura di
Claudio d’Esposito – WWF Terre del Tirreno
Che quando scende l’acqua dal cielo (gli antichi dicevano “piove che Dio la manda”) e nel nostro territorio seguono con puntualità svizzera frane e smottamenti, allagamenti e dissesti, è cosa ormai storica, risaputa e documentata.
I devastanti incendi di questa estate hanno peggiorato la situazione: senza la copertura boschiva nulla sembra ora più trattenere la forza delle piogge, sempre più impetuose a causa dei cambiamenti climatici.
Gli alberi, infatti, oltre ad imbrigliare il terreno e le rocce, con i loro estesi apparati radicali, aiutano ad intercettare e rallentare la pioggia con le folte chiome ed agiscono come una vera e propria “pompa idrovora” … assorbendo fino a 700 litri (!!!) di acqua al giorno dal terreno rimettendola nell’atmosfera con la traspirazione fogliare.
In questi ultimi anni siamo stati spettatori, in tutto il territorio della Penisola Sorrentina-Amalfitana, di frane, smottamenti e allagamenti … tante … troppe!!!
E dopo la “tragedia” appaiono, come da copione, le “parole chiave” che rendono possibile ogni successivo investimento e intervento: “somma urgenza”, “ad horas”, “pericolo per la pubblica e privata incolumità”. Spesso la soluzione è peggiore del male stesso, e la medicina finisce per condannare definitivamente il malato!!!
Nel dossier inviato dalla Polizia alla Procura di Torre Annunziata e al dirigente della Provincia, alcuni anni fa, prima della pioggia e del dissesto dell’area stabiese (ripetutosi più volte negli anni), si leggeva “frane e smottamenti sono causati da sversamenti ed emissioni illegali e sistemi fognari di fortuna causati dal crescente fenomeno dell’abusivismo nella zona collinare stabiese”.
Succede infatti che la trasformazione irrazionale e senza regole del territorio, operata a monte, si ripercuota poi inevitabilmente a valle. E’ come un complesso gioco del “domino”, dove togliendo o spostando uno o più tasselli si finisce per compromettere l’equilibrio precario anche di tutti gli altri. L’acqua, poi, ha dei percorsi e delle dinamiche difficili e complesse da prevedere, soprattutto per chi deve tirare su muri, strade e case abusive in tempo record!!!
Nell’orografia del nostro territorio, attraverso millenni, si sono formati alvei, canali, canyon e forre, atti a convogliare e scaricare verso mare le preziose acque meteoriche. Successivamente l’uomo si è arrogato il diritto di modificare la Natura a suo profitto e piacimento, incurante delle più elementari regole di prudenza e degli effetti che azioni sbagliate avrebbero avuto sul suo stesso territorio. Si è persa negli ultimi tempi la capacità (che avevano i nostri nonni) di collegare le cause agli effetti … e allora via libera agli sbancamenti, al taglio di alberi, alla captazione di acque e alla cementificazione di alvei e montagne.
Accade quindi che la Natura, modificata irreversibilmente e troppo velocemente, cambia non le sue regole, che sono sempre le stesse (i fiumi scendono verso il mare e il terreno e le rocce non trattenute cadono dall’alto verso il basso), ma i suoi equilibri ormai drasticamente violati. Se a ciò si aggiunge l’esistenza di aree geologicamente pericolose da sempre, dove l’uomo ha deciso di andare a costruirsi casa incurante del rischio, allora la situazione si complica ulteriormente!!!
“Il nostro” come scriveva Antonio Cederna “… è ormai un paese dalla topografia provvisoria, anzi, un paese a termine! Un’antica e radicata malformazione mentale induce a considerare il territorio una terra di conquista da manomettere, nell’assoluta ignoranza delle sue caratteristiche!”
Il WWF da sempre documenta e testimonia quello che quotidianamente accade, denunciando anche le responsabilità della politica, spesso incapace (o non interessata) a risolvere le emergenze ambientali che affliggono il nostro territorio.
Che la nostra penisola sia una zona a grave rischio idrogeologico (nonché sismico) e a forte franosità e instabilità di versante, tutti lo sanno, ma stranamente se ne ricordano solo a “catastrofe” avvenuta. Tanto, alla fine, dopo lo “sconquasso”, arrivano i soldi … e tanti … messi a disposizione per i fantomatici interventi di messa in sicurezza. E via con le reti, briglie e quant’altro … ovunque e comunque … (dimenticandosi dell’ingegneria naturalistica che pure esiste) anche a costo di perdere un paesaggio unico al mondo, che tutti ci invidiano e che è la fonte primaria della stessa economia della nostra costiera.
Ormai “l’ordinario” (la chiamavano manutenzione!) non sembra più interessare i nostri amministratori che si svegliano solo quando arrivano i miliardi per le opere faraoniche extra-ordinarie. Peccato che non sempre tali risorse economiche vengono investite con criterio e scientificità. Un esempio per tutti: il Vallone Porto di Positano. Infatti proprio nel luogo più disabitato dell’intera costiera, erano stati messi a disposizione circa 500 mila euro per la “mitigazione del rischio da dissesto idrogeologico” salvo poi, dopo l’interessamento del WWF, svelare le mille contraddizioni di un assurdo progetto che avrebbe solo devastato la natura senza risolvere nulla, anzi peggiorando la situazione.
Di recente a Punta Campanella, sotto la frana che costò la vita a 10 persone nel ’73, si sono spesi quasi 2 milioni di euro per … far transitare i “disabili” (?) lungo una strada divenuta, dopo i lavori, carrabile!!! Nell’attesa di assistere a processioni di carrozzelle, una chiorma di “abili patentati” … su due e quattro ruote … ne ha approfittato per recarsi comodamente nella punta estrema del santuario di Minerva.
Allo stesso modo, con l’inizio di ogni estate, ricomincia il passeggio di autovetture, pulmini e quant’altro, per raggiungere la magica “Conca del Sogno” a Recommone, transitando nell’alveo di un torrente trasformato in strada carrabile … tanto… che vuoi che succeda … gli eventi disastrosi in quel torrente accadono ogni 70 anni!!! Sembrerebbe che solo gli alberi siano pronti a cadere … “ad horas”?
La tragedia di Atrani portò alla ribalta i reali rischi che la costiera intera corre per il dissesto idrogeologico alla quale è sottoposta. Ma ha anche portato alla luce le gravi responsabilità dell’uomo e l’allarme, da troppo tempo ignorato, della necessità di manutenzione e pulizia ordinaria degli alvei assieme alla conservazione delle aree boschive e coltivate lungo le aste fluviali.
Non c’è bisogno di opere maestose e faraoniche bensì abbiamo bisogno di controlli continui e piccole opere di difesa offerte spesso dall’ingegneria naturalistica in aree dove l’emergenza è reale.
Ma, ahimè, visto il fermento in aumento di betoniere, ruspe e motoseghe, frenetiche dal mare ai monti, dubito che questo possa realmente accadere.
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