#Dipendenze1: «che sballo…»


Adele è morta per una pasticca, potente, forse di ecstasy. Droga che ha consumato insieme al fidanzato e a una coppia di amici in una stanza in affitto nel quartiere San Martino di Genova. «Bravi ragazzi – dicono gli inquirenti – figli di gente per bene. Che però sono caduti nella ormai sempre più frequente cattiva abitudine di sballarsi nel fine settimana». Adele ha 16 anni. Il fidanzato, Sergio, 21 anni, e l’amico Gabriele, 19 anni. Il pusher, un ragazzo di 17 anni. «Lo facevamo ogni tanto per sballarci nel fine settimana, ma non eravamo mai stati male».

Tutto succede in una serata di venerdì. I quattro affittano una stanza: prendono la sostanza e decidono di proseguire la notte nel centro storico. Vanno a piedi e mentre camminano Adele sviene per strada e gli amici chiamano il 118. In pochi minuti la ragazza entra in coma profondo. I medici dell’ospedale tentano di salvarla per circa un’ora. Alla fine Adele non ce la fa muore. Oggi dal pulpito arrivano le prediche: «Bisogna far capire ai giovani che non esistono droghe leggere o pesanti; Chi spaccia droga, soprattutto se a dei minorenni, dovrebbe essere perseguito per il reato di tentato omicidio». E Per dirla con il procuratore Franco Cozzi: «Questa storia drammatica ci racconta una volta di più che l’unico atteggiamento possibile davanti alle droghe è prenderne le distanze, sempre».

Faccio una premessa: qualche giorno fa, Cosimo, su fb mi bacchettava perché non fossi andato a cercarmi un lavoro serio, ed oggi ribadisco che la mia passione sta diventando una professione. Il mio lavoro è il più bello che mi potesse capitare. Non entro nei dettagli. La mia passione sono anche gli adolescenti. Con loro mi trovo bene perché come loro sono pieno di domande ma senza nessuna risposta. Avendo accompagnato tanti nei percorsi della loro vita ho vissuto con loro momenti forti e significativi. Ho condiviso anche lo «sballo». Ma attenzione, in adolescenza lo «sballo» significa tante cose. Può essere una scorciatoia per crescere, un modo per attirare l’attenzione, un mezzo per scaricare la rabbia o un compromesso con se stessi, che aiuta a gestire emozioni troppo intense per essere tollerate.

Avendo vissuto con diverse generazioni adolescenziali mi sono accorto di come sia cambiato il modo di sballarsi ma di come abbia sempre lo stesso comune denominatore: divertirsi insieme. Nelle esperienze di massa con gli adolescenti, in campi scuola, gite scolastiche, uscite serali…ho sempre cercato questo scopo: divertirci insieme in maniera sana o per far contenti i genitori, in maniera controllata. Salire in cima ad una vetta, farsi il bagno in un ghiacciaio, prendere in mano insetti o animali nella natura, tuffarsi a mare nudi di notte…sono solo alcune di queste esperienze. Lo sballo oggi ha poco a che fare con lo sballo della nostra adolescenza che rappresentava il risultato finale di una serata pensata per divertirsi. Oggi è considerato l’unica fonte di divertimento che comporta, «abbuffate» di sostanze diverse assunte senza nessun criterio. Qualsiasi droga presa con continuità è un tentativo di curare da soli qualcosa che non funziona e che impedisce di stare bene. Oggi se non ho avuto esperienze di forte «sballo» nella mia adolescenza lo devo semplicemente a una fatalità. In primo liceo, quando ho assaggiato per la prima volta una canna ho vomitato e sono stato male. Non ho più toccato nessuna sostanza. Non mi sento migliore degli altri. Mi sento semplicemente fortunato. Non esistono ragazzi che compiono una trasgressione pensando che faccia più male che bene, come non esistono tossicodipendenti che desiderano consapevolmente rovinarsi o perdere la vita. Quando gli adolescenti si sforzano di crescere, considerano la trasgressione come un modo per sentirsi vivi e di fare esperienze alzando l’asticella. Può sembrare paradossale, ma il fatto che i genitori pensino di essere amici dei figli può costituire un ostacolo alla loro crescita, perché a questa età il confine tra essere presenti ed essere invadenti cambia continuamente. Il prezzo da pagare è accettare di non sapere quello che fanno, e svolte, di non riuscire neanche a immaginarlo. I ragazzi entrano in contatto con la droga spinti dalla curiosità e da un’apparente inconsapevolezza, e non è mai del tutto chiaro quando si tratta di una esperienza occasionale e quando, invece, di un problema serio. Sappiamo che alla droga ci si può abituare, anche se non conosciamo ancora a fondo i nodi che legano la dipendenza fisica da quella psicologica. Ecco allora che parlando di droghe è giusto farsi tante domande, ma è sbagliato voler trovare per forza delle risposte. Allora il contributo che propongo ogni settimana sul mio blog sarà quello di avventurarci nel mistero della dipendenza, anzi, delle dipendenze, considerate troppo spesso e in modo superficiale, un segno di debolezza e non la base fondamentale dei legami con gli altri.

Precedente Vangelo del giorno: a proposito di #zizzania
Prossimo Vangelo del giorno: il #business sugli immigrati

Nessun commento

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *