Vangelo
Matteo 20,20-28
In quel tempo, si avvicinò a Gesù la madre dei figli di Zebedèo con i suoi figli e si prostrò per chiedergli qualcosa. Egli le disse: «Che cosa vuoi?». Gli rispose: «Di’ che questi miei due figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno». Rispose Gesù: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io sto per bere?». Gli dicono: «Lo possiamo». Ed egli disse loro: «Il mio calice, lo berrete; però sedere alla mia destra e alla mia sinistra non sta a me concederlo: è per coloro per i quali il Padre mio lo ha preparato». Gli altri dieci, avendo sentito, si sdegnarono con i due fratelli. Ma Gesù li chiamò a sé e disse: «Voi sapete che i governanti delle nazioni dóminano su di esse e i capi le opprimono. Tra voi non sarà così; ma chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore e chi vuole essere il primo tra voi, sarà vostro schiavo. Come il Figlio dell’uomo, che non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».
Oggi è la festa di San Giacomo. Detto il Maggiore (per distinguerlo dall’omonimo apostolo detto il Minore). Giacomo figlio di Zebedeo e Maria Sàlome e fratello dall’apostolo Giovanni Evangelista, nacque a Betsàida. È stato tra i primi ad essere chiamato sulle rive della Galilea. Fu presente ai principali miracoli di Gesù, alla Trasfigurazione di sul Tabor e al Getsemani alla vigilia della Passione. Pronto e impetuoso di carattere, come il fratello, con lui viene soprannominato da Gesù «Boànerghes» (figli del tuono) detto il maggiore perché primo martire tra gli apostoli con la decapitazione a Gerusalemme verso l’anno 43/44 per ordine di Erode Agrippa. Secondo una leggenda il sepolcro contenente le sue spoglie, traslate da Gerusalemme dopo il martirio sarebbe stato scoperto al tempo di Carlomagno, nel 814. La tomba divenne meta di grandi pellegrinaggi medioevali, tanto che il luogo prese il nome di Santiago (da Sancti Jacobi, in spagnolo Sant-Yago) e nel 1075 fu iniziata la costruzione della grandiosa basilica a lui dedicata. E proprio quel pellegrinaggio noto come cammino di Santiago oggi è metafora di vita. Nel 1989 Giovanni Paolo II e migliaia di giovani da tutto il mondo hanno fatto il “Cammino di Compostela”. Nel 2007 insieme alla branca R/S del gruppo Stabia1 ci siamo avventurati in questo cammino nella tappa da Sarria. Zaino in spalla, 120 km a piedi, in media 20 al giorno, con l’obiettivo educativo di comprendere i tre pilastri dello scoutismo: la strada, la comunità e il servizio. Obiettivi evangelici che si fondano proprio sul Vangelo proposto oggi. Quello di Gesù oggi è un intervento educativo che risulta anti genitoriale per le attese che ognuno ripone sui propri figli. Chi di noi non è stato educato ad essere il primo della classe? Chi non ha ricevuto input per affermarsi nella vita? Successo, potere, soldi…è questo ciò che muove il mondo. Quanti padri accaniti portano i figli alla scuola calcio per seguire la strada dei “Donnarumma”…quanti padri usano i figli per riscattarsi? Quante madri di Giacomo e Giovanni si dimenano per sistemare i propri figli? Dinamiche antiche ma sempre nuove. Gesù ribalta questi principi anche perché si trova a mediare un conflitto tra gli altri 10 discepoli che evidentemente ambivano allo stesso posto. In Gesù non ha più spazio l’ira e l’intolleranza, ma solo l’amore, la nonviolenza e la misericordia. Gesù smonta anche oggi le nostre ambizioni di discepoli. Il carrierismo ecclesiale dei preti, la corsa dei laici ad occupare ruoli di prestigio in parrocchia. Da prete nutrivo altri generi di ambizioni che mi hanno portato spesso alla deriva e a constatare gelosie e invidie tra confratelli.
Entrare nel regno di Dio e diventare pescatori di uomini è una prospettiva allettante, entusiasmante per un uomo come lui e per ognuno di noi. In realtà Giacomo e i discepoli di ieri e di oggi non sono chiamati a grandi successi: essi sono chiamati semplicemente a stare con Gesù a percorrere la sua stessa strada, a mangiare e bere con lui, ad ascoltare le sue parole. Siamo invitati a farci servitori gli uni degli altri con Gesù nostro servo. Non siamo un gruppo settario ed esclusivo di super seguaci di Gesù. Nella nostra povertà e nella carne fragile siamo chiamati a essere testimoni coraggiosi dell’amore di Dio per l’umanità mediante la potenza dello Spirito santo e annunciare la fine del mondo vecchio e l’irruzione del nuovo, che Gesù ha inaugurato.
I vangeli non ci consegnano le gesta prodigiose di eroi perfetti e infallibili ma cammini contorti di donne e uomini mai arrivati, di poca fede, impauriti e dubbiosi, che cadono e si rialzano, e che condividono tutto con il loro Maestro.
È questa certezza che oggi mi fa stare in piedi e continuare a camminare, a stare con i poveri e a operare nella gratuità…
Wow che bella foto… quanti ricordi! oggi mi sono d’aiuto le tue parole… anche io ho sofferto tanto questa corsa al “potere” di cui scrivi, è il confronto col prossimo che mi mette ansia e mi fa sentire stupida a non essere riuscita ancora ad essere qualcuno per la società e a non volere a tutti costi fare a gomitate col prossimo per avere o essere più di lui… è dura oggi come oggi “stare con i poveri e operare per la gratuità “, vuoi per motivi di sussistenza o per condizionamenti esterni… comunque ricordare questo aspetto umile di noi stessi che ci vuole sempre pronti ad aiutare il prossimo e coi piedi ben piantati al suolo, è sempre importante affinché un giorno vicino o lontano che sia, quando saremo qualcuno per la società non ci faremo trascinare nel vortice dell indifferenza e dell’egoismo. Grazie 🙂