Matteo 19,13-15
In quel tempo, furono portati a Gesù dei bambini perché imponesse loro le mani e pregasse; ma i discepoli li rimproverarono. Gesù però disse: «Lasciateli, non impedite che i bambini vengano a me; a chi è come loro, infatti, appartiene il regno dei cieli». E, dopo avere imposto loro le mani, andò via di là.
Oggi da padre sono straconvinto che più che mai urge ascoltare le emozioni dei bambini. Comprendere le emozioni dei bambini significa aiutarli a crescere felici. Avere l’intelligenza del cuore significa non solo saper amare e capire gli altri ma anche essere capaci di rimanere sé stessi in tutte le situazioni. Si tratta insomma della capacità di essere felici, di non lasciarsi dominare dalle avversità, di scegliere la propria vita e di stabilire relazioni armoniose con gli altri. Chi non desidera questo per i propri figli?
Negli ultimi anni, complice anche un noto di film della Disney, insidie out, di emozioni si parla, si discute e ci si interroga, anche se, a volte, rimane la sensazione che siano qualcosa di ineffabile che ci sfugge tra le dita e che cogliamo solo a posteriori. E’ ormai opinione comune che genitori ed educatori dovrebbero impegnarsi a tutelare «il diritto dei bambini alle loro emozioni», ovvero il diritto di sentire ciò che sentono.
Quando ho iniziato a studiare l’analisi transazionale era chiaro che mi fossi dato un’opportunità di fornire un momento di riflessione e di informazione per tutti coloro che Dio aveva messo sulla mia strada, amici all’improvviso! Secondo i principi dell’Analisi Transazionale le emozioni considerate “autentiche” sono quattro: paura, tristezza, rabbia e gioia. Sono le emozioni di base, senza censure e manipolazioni, che ci permettono di essere realmente nel “qui ed ora”. Come gli ingredienti in cucina, si mischiano creando combinazioni sempre uniche e diverse in ogni individuo. Alle volte, tuttavia, alcune emozioni non sono considerate appropriate (dai nostri genitori prima e da noi dopo) ed in questi casi sostituiamo la nostra emozione autentica con una parassita considerata più accettabile. Si crea, così, una situazione paradosso: l’emozione che ci permettiamo di esprimere, non è quella che ci permetterà di star realmente bene. Risalire alla fonte, identificare e sentire le emozioni autentiche sono passi fondamentali per acquisire quella competenza emotiva di cui tanto si parla. Cosa vuol dire rabbia per me? E cosa vuol dire rabbia per mio figlio?
L’incontro/scontro con le emozioni dei nostri bambini diventa anche un’opportunità per risanare ferite che ci portiamo dietro dalla nostra infanzia, da qui la profonda valenza terapeutica delle emozioni sia per colui che le vive, ma anche per chi è intorno. Le emozioni sono utili, ma non solo: le emozioni hanno una loro personale e naturale esigenza di esprimersi. Questa mattina, la vignetta di Mauro Biani mi ha sorpreso più che mai. Una bambina di colore che chiede ad un “incappucciato” di togliere via il cappuccio è l’espressione autentica di quello che Il Vangelo di oggi ci racconta. È la reazione dell’incappucciato è la reazione degli apostoli ma anche della nostra società troppo spaventata dalla diversità.
Allora bisogna chiedersi e perdere tempo nell’investigare su quali siano i bisogni reali dei bambini. Ci sono dei bambini che non provano il sentimento di rabbia e provano invece un sentimento esagerato di paura, cioè non necessario rispetto ai fatti che vivono. Tutto ciò li porta fuori strada: non sentendo la rabbia infatti non riescono per esempio a essere affermativi, a lottare per far valere i propri diritti, a mettersi in condizioni di dire le loro ragioni. Si tenga presente che il sentimento, di per sé, è un carburante delle decisioni e delle azioni, per cui il sentire in modo appropriato significa mettersi nelle condizioni di decidere liberamente. Spetta al genitore facilitare l’adozione di sentimenti appropriati, liberi cioè da paure in eccesso, da preoccupazioni e rabbie sproporzionate. Il problema però resta quando nell’età adulta restiamo bambini nelle nostre emozioni e succede di provare un’emozione forte come l’odio che disorienta e crea morte. L’odio infatti è Risoluta ostilità, che implica di solito un atteggiamento istintivo di condanna associato a rifiuto, ripugnanza verso qualcosa, oppure un costante desiderio di nuocere a qualcuno: avere in o. le chiacchiere, i convenevoli, le cerimonie; l’o. del male; o. cieco, bestiale, feroce, accanito, mortale, implacabile; parole, sguardi pieni di odio.
I bambini non conoscono questa terribile emozione.
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