In ricordo di Modestino D’Antonio


Ci siamo conosciuti nel 2006 in occasione della prima edizione del cammino dell’angelo. 

In quell’occasione mi ero dato tanto da fare nella preparazione e nella promozione dell’evento. E fu proprio all’ora che insieme a don Catello abbiamo conosciuto questo omone, alto, taciturno, con gli scarponcini ai piedi, conosciuto da molti come dottore! All’inizio ascoltava, silenzioso, senza fare domande. Dai suoi occhi percepivi interesse e soprattutto amorevolezza. Proprio questa amorevolezza ci ha permesso di diventare amici. Modestino mi voleva bene ed io gliene volevo altrettanto. Ero per lui come un figlio. Per questo quello sguardo amorevole lo sentivo tutto. Modestino era un uomo buono, generoso, colto, appassionato della vita. Era una persona entusiasta, capace di contagiarti nel suo entusiasmo. E fu così che i suoi racconti erano come benzina nelle gambe. Lui che aveva viaggiato tanto accendeva in me la voglia di partire e incamminarmi. Quando raccontava dei suoi viaggi si fermava il tempo. Ascoltarlo era un dono, una consegna di quelle esperienze, una trasfusione di vita. E allora quando mi raccontò del suo amato cammino di Santiago, mi disse: portaci i tuoi ragazzi. E fu un attimo che coinvolsi gli scout dello Stabia 1 per la route del 2007. Lui accendeva la miccia ed io mi lasciavo coinvolgere perché era una garanzia di vita. E quando poi sono tornato voleva sapere, conoscere la mia esperienza, le mie emozioni. Avevamo pianificato insieme il percorso, le tappe. Così come per il monte bianco, dove ci ho portato centinaia di ragazzi e dove per poco ci lasciavo le penne per quella disavventura con la vipera. Rimasi circa un mese in Valle D’Aosta in ospedale e Modestino mi inviava amici suoi a consolarmi. Incredibile. Lo conoscevano tutti. Peppe, in particolare, un ristoratore di Courmayer, era diventato anche un mio amico. Modestino era un viaggiatore, sempre in movimento. E ad ogni viaggio la sua meta, prima dei luoghi, erano le persone: si metteva in cammino per andare a trovare i suoi tanti vecchi amici, o per conoscerne di nuovi. E inevitabilmente diventavano anche miei amici. Come Willy, e tanti altri amici del Chianiello. Perché era appassionato della gente, vicina e lontana, dei saperi, dei costumi, delle risorse che ogni popolo ha e dai quali si può imparare così tanto, se ci si mette in ascolto come lui era capace di fare. E lo stesso era per me. Quanti amici miei sono diventati suoi. E spesso tutto succedeva a tavola intorno a un tozzo di pane e un bicchiere di vino. Chissà cosa è successo lassù insieme a papà quando il Napoli ha vinto lo scudetto!!! 

Amava le persone, Modestino, in particolare quelle semplici e umili. Come il mio papà, e le persone amavano lui, perché era impossibile non voler bene a quell’uomo così autentico, così gentile. 
Con il Chianiello poi mi aveva coinvolto in diverse iniziative. Era un uomo non solo di gambe ma anche di braccia. Insieme ci siamo adoperati per gli amici terremotati di Onna dopo il terremoto del 2009. E ancor prima che diventassi prete aveva già preannunciato che non sarebbe stato facile rimanervi. Modestino era un uomo di mondo, che sapeva vedere lontano. Un uomo di sincerità profonda e di intelligenza concreta. E credo che se oggi il cammino dell’angelo è arrivato alla sua 17 edizione è grazie a lui che negli anni ha dato benzina all’entusiasmo di don Catello.

Mi sei mancato tanto, Modestino, soprattutto quando la vita si è fatta difficile per me ho attinto molto dalla ricchezza dei tuoi insegnamenti perché alla fine dei nostri giorni resteremo tutti gente di montagna.

Non ti cercheremo tra i morti, ma tra i vivi, tra le persone che hai amato.

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