Matteo 23,1-12
In quel tempo, Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo: «Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito. Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente: allargano i loro filattèri e allungano le frange; si compiacciono dei posti d’onore nei banchetti, dei primi seggi nelle sinagoghe, dei saluti nelle piazze, come anche di essere chiamati “rabbi” dalla gente. Ma voi non fatevi chiamare “rabbi”, perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. E non chiamate “padre” nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste. E non fatevi chiamare “guide”, perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo. Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato».
“L’amore mi accolse, ma l’anima mia indietreggiò, colpevole di polvere e peccato.
Ma chiaroveggente l’Amore, vedendomi esitare fin dal mio primo passo, mi si accostò, con dolcezza domandandomi se qualcosa mi mancava.
“Un invitato” risposi “ degno di essere qui”.
L’amore disse: “Tu sarai quello”.
“Io, il malvagio, l’ingrato? Ah! Mio diletto, non posso guardarti”.
L’amore mi prese per mano, sorridendo rispose: “chi fece quest’occhi, se non io?”.
“E’ vero, Signore, ma li ho insozzati; che vada la mia vergogna dove merita”.
“E non sai tu” disse l’Amore “ chi ne prese il biasimo su di sé?”.
Mio diletto allora servirò.
“Bisogna tu sieda”, disse l’Amore “che tu gusti il mio cibo”.
Così mi sedetti e mangiai.” (George Herbert).
I farisei – di ieri e di oggi – considerano il rapporto con Dio come una mera osservanza. Per loro l’essenziale è l’adempimento preciso e puntuale della norma, il farsi trovare sempre al proprio posto irreprensibili e con l’abito candido. Necessario per loro è il farcela a non cadere, a non mancare, a non peccare…
È curioso che molte ‘confessioni’ si risolvano in un ‘non ho rubato, non ho ucciso, non ho tradito, non ho…’. Se il cristianesimo fosse questo, un cadavere sarebbe un ottimo cristiano!
L’idea tremenda che sta sotto, è che per avvicinarci a Dio occorra essere ‘a posto’: più sei puro, più potrai avvicinarti a Dio; più ce la fai a mantenerti integro, più Dio ti ricompenserà.
Ma il Vangelo, per nostra fortuna, è tutt’altra cosa! Non è certamente il “catechismo” che abbiamo ricevuto…
Gesù, in questa dura requisitoria contro i farisei, sta affermando che Dio è vicino a chi è “sporco” ovvero che i peccatori sono autorizzati ad entrare in comunione con Dio, con la vita così come essa è, nella sua fragilità, con la sua sporcizia, senza bisogno di trasformarla in qualcosa di diverso.
La questione non è “essere o diventare puri” per nutrirsi della vita di Dio, ma il contrario: nella mia condizione di povertà, limite, fragilità posso nutrirmi della vita che mi viene incontro, proprio perché ho “le mani sporche”, condizione dunque non d’impedimento alla comunione con Dio, ma possibilità perché io la possa vivere in pienezza.
Il Vangelo è qui a dirmi, ancora una volta, che il pane è finalmente giunto sulla tavola della mia vita, mi si è offerto gratis, ossia immeritatamente, solo perché sono figlio bisognoso di vita di Colui che lo dispensa. Il vero peccato, in ultima analisi, è non cibarsene, perché ritenutisi indegni.
Ci sono uomini che si allontanano da Dio perché non ce la fanno a vivere le regole imposte dalla loro religione, perché dinanzi al loro Dio non si sentono mai all’altezza, non si sentono mai a posto. Gesù e il Vangelo son qui a farci memoria che ciò che salva è la fede, accoglienza di un amore fontale, e non conquista morale.
Prima di fare la Comunione siamo soliti dire: «Signore non son degno di partecipare alla tua mensa…», ed è proprio per questo che posso fare la comunione! Fossi degno non potrei farla! Il suo amore folle, racchiuso in quel pezzo di pane sarebbe premio dei giusti e dei sani, e non farmaco per i malati e gli ingiusti (cfr. Mc 2, 17), e mettendomi in fila per nutrirmi dell’ostia, andrei a ricevere il premio per la mia bravura.
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